Più sani più belli, Aprile 2016 |
Io l'ho fatto pubblicando due libri sull'argomento (l'ultimo, ancora regolarmente in commercio, è L'età più bella, Butterfly Edizioni) e poi chiudendomi nel silenzio.
C'è una ragione.
Avevo qualcosa da dire a riguardo e l'ho fatto. Adesso, quelle parole producono effetti insperati, e io non posso che dire Grazie a tutti coloro che le hanno lette, le stanno leggendo o le leggeranno.
Il mio Grazie, poi, va a due giornaliste formidabili, Lilia Gentili e Maria Cristina Valsecchi, che sono riuscite a penetrare "quel" determinato silenzio e a portare oggi un messaggio di speranza (e di forza) a persone che, altrimenti, non sarei mai riuscita a raggiungere.
"La realtà è che ci si sente normali. Ma non sempre.
La realtà è che spesso va tutto bene. Ma non sempre.
Potete trovare le interviste e i contributi completi sui numeri di Aprile di "Più sani più belli" e di "Io e il mio bambino".
Una precisazione:
non ho niente da insegnare a nessuno.
La mia, è una storia come tante altre.
Ma, credo, degna di essere raccontata.
Vi lascio anche un estratto da "Avevo scelto il silenzio", contributo pubblicato nel volume "A volte non abito qui" (LICE, Lega Italiana Contro l'Epilessia) acquistabile qui e su Amazon.
Può essere a causa di una patologia, di una disposizione d'animo,
o semplicemente di un malessere passeggero.
A te che stai leggendo vorrei dire:
non c'è nessun fantasma che non venga prima o poi
chiamato col proprio nome e quindi sconfitto.
Anzi,
vorrei dirti che proprio non c'è nessun fantasma.
C'è la persona -tu- e non sei un'unità solitaria nello spazio cosmico.
Le persone sono sempre un lieto fine.
Tutti abbiamo il nostro personale Calvario da attraversare.
Uscire e camminare per il purgatorio, credimi, non è facile.
Ma fattibile.
Niente rappresenta davvero un ostacolo insormontabile.
Dopotutto, si può sempre volare. Come un'aquila o come una farfalla.
L'importante è volare.
Sempre."
L'età più bella
Più sani più belli, Aprile 2016 |
Potete trovare le interviste e i contributi completi sui numeri di Aprile di "Più sani più belli" e di "Io e il mio bambino".
Una precisazione:
non ho niente da insegnare a nessuno.
La mia, è una storia come tante altre.
Ma, credo, degna di essere raccontata.
Vi lascio anche un estratto da "Avevo scelto il silenzio", contributo pubblicato nel volume "A volte non abito qui" (LICE, Lega Italiana Contro l'Epilessia) acquistabile qui e su Amazon.
Avevo scelto il silenzio.
Mi ero distaccata dallo status di
ragazza-epilettica-che-scrive. Ragazza che (cito testualmente), nonostante la malattia, lotta ogni giorno e,
con grande forza di volontà, riesce perfino a condurre una vita normale.
Questa definizione mi era sempre stata stretta. Negli ultimi tempi, avevo
addirittura cominciato ad odiarla.
Sulle mie spalle c’era un
mantello, ed io volevo scrollarmelo di dosso, gettarlo nel fuoco, bruciarlo. Volevo
prendere le distanze da ciò che ero stata, da ciò che avevo fatto, da ciò che
su questa malattia avevo pubblicato.
L’epilessia non era più qualcosa
di cui scrivere.
Perciò, dopo anni trascorsi a
redigere articoli, a prendere la parola dietro un tavolo conferenze, a parlare
con la gente che ogni giorno si trova a vivere un’esistenza simile alla mia, a
sentirmi dire Grazie per quello che hai scritto,
a oppormi agli increduli, agli scettici, a chi si rimpinza di pregiudizi, ad
oppormi perfino ai film che mostrano una realtà distorta dell’epilessia (film
che si dividono in due categorie: pellicole al confronto delle quali L’Esorcista è un film per bambini, e pellicole
vissero-tutti-felici-e-contenti nelle quali mancano solo Bambi e Tippete),
avevo scelto il silenzio.
Polemica!, mi aveva accusato qualcuno. Indisponente!
Va bene, ammetto che le polemiche
siano il mio pane perchè, quando mi ci metto, le faccio anche sui ravioli in
brodo. Indisponente, va bene, perché
su certi argomenti non mi vergogno ad andare giù dura con la finezza che mi è
propria, cioè come una Carla Fracci che balli La morte del
cigno con gli anfibi ai piedi.
Ma a tutto c’è un limite.
E, da un certo momento in poi,
avevo risposto col silenzio. Il che, dal mio punto di vista, non significava
arrendersi, ma semplicemente lasciare che chi aveva fiato da sprecare finisse di berciare e si trovasse un’altra
Giovanna d’Arco da mandare al rogo.
Oggi, l’indisponente, la polemica,
la Fracci con gli anfibi, torna ad aprire bocca.
Perché non è cambiato niente.
Epilessia:
nasconderla non serve, curarla sì, recitano dei manifesti che
ho visto in metropolitana e che mi hanno strappato una smorfia. C’è sempre
qualcuno che non riesce a parlare, che si nasconde in preda alla vergogna, che
chiede Per favore, che mormora Scusa dopo una crisi, che piange da solo. Che si sente ed è solo.
Ma non ha voce.
Io e il mio bambino, Aprile 2016 |
Il tragico, il ridicolo, il
grottesco è che gli epilettici non fanno più notizia dai tempi in cui
Alessandro Magno e Giulio Cesare hanno conquistato mezzo mondo (un quarto a
testa).
Noi, tutti noi, oggi siamo
relegati dietro le quinte.
Lo ripeto: senza voce. Perché, nonostante tutto, anche se ogni volta mi
appiglio alle illusioni, le grida possono essere imbavagliate. Eccome.
Quindi, è inutile poi affiggere
quei manifesti, o domandarsi perché questa malattia sia guardata con
sospetto, scambiata per sinonimo di isteria, nevrosi o schizofrenia. Ed è
inutile stupirci se la gente, in un modo o nell’altro, continua a prendere le
distanze dai soggetti epilettici.
Ciò che non si conosce incute, nel
migliore dei casi, indifferenza.
Nel peggiore, paura.
(continua...)
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