Il compleanno del Fidanzato della Bambina

"Siamo mamme.
Abbiamo il sacrosanto diritto di
farci seghe mentali e
rompere per queste le balle agli altri."
-la finezza della Bolzan-

Parlo al telefono con un'Amica. Più di un'amica, in verità (da cui, la A maiuscola).
Quando condividi con qualcuno la stanza d'ospedale nel reparto maternità, quando affronti con lei -e due agguerritissimi cosini urlanti e paonazzi- un'intera notte in bianco -ma proprio in bianco, qui non si scrive mica per eufemismi!-, la ragazza in questione diventa Qualcosa.
Una sorta di sorella, nel caso in questione.
Il primo ricordo di lei è una pancia immensa che trascina dietro di sé una riluttante ragazza. Riluttante a muovere un altro passo, schiacciata sotto il peso del bambino.
"Contrazioni?" le chiedo.
"No, macchè. Cesareo. Alle due."
"Goditi la morfina." Che poi, sul momento, non so nemmeno se sia morfina, quella che mi hanno iniettato in vena, ma poco importa. E poco importa anche a lei. Comunque, nel contingente, ho altri pensieri.
Sono reduce da due giorni di veglia assoluta, sedici ore di doglie, un cesareo d'urgenza per le critiche condizioni della Bambina, il dolore dei punti comincia a farsi sentire perché l'effetto di qualunque-sia-quello-che-mi-hanno-dato sta svanendo. Questo, senza contare il fatto che ancora non mi hanno permesso di vedere mia figlia. Non posso occuparmi di una che non sta nemmeno soffrendo per una piccola contrazione!
Poi, la ragazza viene portata in sala operatoria, una delle ostetriche sceglie proprio quell'istante per mettermi seduta e spingermi fino al vetro dietro al quale finalmente potrò vedere la Bambina, e io mi dimentico di lei.
Due anni dopo, siamo qui a parlare al telefono, mentre i due cosini -che ormai, tanto cosini non sono più- giocano sui tappeti delle nostre diverse case.
Sento il Bambino nel sottofondo: sta facendo correre delle macchinine su un cuscinone e parlotta tra sé. La Bambina, invece, ha appena scoperto che Elso, il suo amico immaginario, si è trasferito all'interno di una presa elettrica, e lei è lì davanti che gli mostra la copertina di Divergent, un libro che fa quasi fatica a tenere sollevato ma del quale vuole rendere edotto il suddetto Elso.
L'Amica mi sta raccontando di quanto siano differenti le loro esistenze, adesso che si sono trasferiti a Londra.
"Anche i bambini inglesi!" sta dicendo. "Pensa che oggi, al parchetto, due piccoline gironzolavano a piedi nudi, nell'erba, con indosso solamente una canottierina!"
Ora, c'è da considerare che le giornate si stiano allungando, che una passeggiata sia sempre salutare e che il parchetto sia un luogo decisamente propizio agli incontri e alla socializzazione tra infanti.
Ma: a piedi nudi?
Glielo faccio notare. Lei, serafica, mi risponde:
"Be', è quasi come al mare. Sulla sabbia a piedi nudi ci vai, no?"
Chiariamoci: è quasi come al mare, ma non è il mare.
Cerco di immaginare cosa possa nascondersi tra l'erba, involontariamente calpestato da chiunque: regalini di animali, mozziconi di sigaretta ancora fumanti... Poi, che altro? Mi si forma l'immagine di una puntina da disegno, e ci sarebbe da chiedersi cosa diavolo ci faccia una puntina da disegno dispersa nel parchetto. Però, si sa, la gente perde o getta via di tutto. Senza aggiungere cose ben peggiori: l'ago di una siringa. Un qualche insetto velenoso.
"Un insetto velenoso?" mi interrompe. Sta ridendo. "Ehi, questa è Londra, mica la foresta amazzonica! Ti fai troppe seghe mentali!"
"Tesoro, sono una mamma. Ho il sacrosanto diritto di farmi seghe mentali, e rompere per queste le balle agli altri."
 
Siamo diverse, ma questo non ci impedisce di volerci bene e di tirar su i nostri figli come meglio crediamo.
Lei è un incrocio di quella strana razza per me incomprensibile che ondeggia tra il vegetariano e il vegano; io, persino in gravidanza, sospiravo d'amore davanti alla salumeria sotto casa. Suo figlio mangia cioccolato; la Bambina non ci si avvicina neanche (Ssifo!, ha dichiarato l'altro giorno davanti all'uovo di Pasqua. Schifo. E, giuro, non è una cosa che le ho insegnato io). Lei è una mamma-canguro, una marsupiale nata, ancora alle prese con l'allattamento; io lotto contro la voglia di indipendenza della Bambina che, se sgridata, mostra di voler far fagotto e trasferirsi dai nonni senza remora alcuna. Suo figlio dorme ancora beato nel lettore; la mia si gode il binomio cameretta-e-lettino dal suo decimo giorno di vita su questa terra.
Ma ci completiamo. Le nostre visioni del mondo e dell'educazione sono talvolta dissimili, ma non poi differenti. E, sulle cose importanti (quelle davvero importanti intendo, ché tutto il resto rientra nella categorie scemate), ci troviamo sempre perfettamente d'accordo.
Quando, a quattro mesi, la Bambina ha tentato di togliere il patello al Bambino, fiera dei due giorni d'anticipo che aveva su di lui, ritenendosi quindi più grande e adatta per insegnargli quanto fastidioso possa essere portare il pannolino d'estate, abbiamo capito che forse era nato qualcosa.
Tra noi, tra loro.
Qualcosa che ci unisce malgrado i chilometri e la distanza, qualcosa che può essere superato mediante una telefonata che parte in un modo e poi vira verso disquisizioni che abbracciano la saga degli Hunger Games, l'incapacità di entrambe di seguire un telegiornale fino in fondo e le mie sopracciglia che disegnano due archi perfetti.
La cosa davvero importante è questa:
non esiste la mamma perfetta, così come non esiste la donna perfetta o il principe azzurro (volutamente scritto minuscolo perché, andiamo!, chi ci ha mai creduto?). Siamo meravigliose pur nelle nostre diversità, nei minimi screzi e nell'amore che mettiamo in ogni cosa che facciamo.
Non so quale futuro avrà il Bambino. Non so se rimarrà biondo come un campo di grano, se i suoi occhi si scuriranno crescendo, se si sbuccerà un ginocchio cadendo dal triciclo, se diventerà un fruttivendolo o un medico chirurgo.
Non so quale futuro avrà la Bambina. Non so se continuerà a riempirmi la casa di parenti e amici della banda Elsa&co, se continuerà a guardarmi -quando è arrabbiata- come farebbe la Samara di The Ring, se i boccoli sulla nuca rimarranno invariati nel corso della crescita.
So però che c'è qualcosa che unisce i due ex-cosini. E non si tratta solo dell'età, della notte in bianco più bella e tremenda della nostra vita che ci hanno costretti a trascorrere (sempre in quella camera, sempre con i punti che tirano, con la domanda: Ma che vergogna: solo i nostri due non dormono?! dipinta sulla faccia giallognola ed esanime), del fatto che quando si incontrano si tengono per mano e, talvolta, ci scappa pure un bacino.
C'è qualcosa.
Che, mi auguro, possa -questo sì!- rimanere invariato nel tempo.
 
 
 
 
 

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